Poche
anime, a Garlasco, un paese dove tutti si conoscono anche quando glissano per
non negarlo e, se d’inverno non c’è
molta gente perché molti lavorano fuori, ancora meno ce n’è d’estate, quando la
ricerca di refrigerio spinge chi non è obbligato a sopportare l’afa e il caldo
torrido verso mete più ambite. Ma Garlasco è ormai nella testa, nei pensieri,
nei cuori e nelle speranze di chi, per un motivo o per l’altro, sta aspettando che
Chiara possa trovare pace e, qualora
venga scritta un’altra verità, integrativa o sostitutiva della prima, o
confermata quella processualmente dichiarata ma forse non accertata del tutto,
ciascuno possa avere il suo (direbbe Sciascia con cui, civettuosamente,
concorderemmo!).
Tra
una narrazione giuridica, una giudiziaria, una mediatica e un’altra fattuale la
gente, il “popolo bue” - come è stato definito da uno degli attuali protagonisti
della vicenda tornata (e tornato) alla ribalta delle cronache - vuole sapere e
vuole capire com’è possibile che ancora, dopo diciotto anni, una delle anime
più belle di Garlasco, tra tante di quelle dannate - passate, presenti o future
- non trovi pace. Ma, forse, una delle risposte che potranno aiutare a dirimere
uno degli aspetti più crudeli e inquietanti della vicenda potrà essere data proprio
dal corpo di Chiara, massacrata senza pietà il 13 agosto del 2007 alle ore
XX.XX.
Certo
non potrà essere l’immagine di lei quella che qualcuno ha voluto vedere in uno
dei post pubblicati sul profilo di Sempio il giorno in cui Stasi fu condannato nell’appello
bis il 17 dicembre 2014; né quella per coincidenza pubblicata sempre da Andrea
nel giorno (o forse quello dopo) in cui la condanna di Alberto divenne
definitiva per effetto della sentenza della Cassazione del 12 dicembre
2015, a fornirci responsi così
importanti.
Eh già,
perché nel primo caso un biondino con gli occhiali studiava, una ragazza mezza
nuda disegnava e rammentava che “l’essenziale è invisibile agli occhi” mentre “qualcuno”
osservava la scena guardandoli, e una volpe, proprio, una volpe chiedeva di “non
dimenticare il suo segreto”. Nel secondo post, un affresco rupestre abbastanza
inquietante, tratto da pitture realizzate con pigmenti naturali nelle Grotte di Altamira a Santillana del Mar in
Cantabria.
Chissà
cosa starà pensando il fantasma di Freud che qualcuno pare abbia percepito
girare per Garlasco e che interpretava
le presenze animalesche come simboli sessuali, come animali edipici, come
sostituti inconsci del padre tanto per i bambini quanto per i primitivi?
Chissà
se anche a Freud davano fastidio le mosche, i moschini e se passeggiando per
Garlasco si sarà seduto su una panchina a leggere “Nulla succede per caso” di
Robert H. Hopke. C’è chi giura di averlo visto.
Tranquilli,
non appena lo sogneremo, statene certi, ve lo racconteremo.