Gabriella Ambrosio ha scritto un libro che dovrebbero leggere tutti coloro che si occupano di diritto, di etica, di indagini, di Giustizia.
Dell’omicidio di Chiara Poggi - di cui abbiamo già trattato in un precedente post - si è detto che manchi il movente. Allora leggetevi quello che già a pagina 11, nella prima riga, immagina e scrive questa bravissima giornalista. Parole che, forse, sono state davvero le ultime, piene d’odio e di rancore urlate in silenzio alla povera ragazza:
«Cosa credevi di fare!»
Al momento - come ho sempre scritto, detto e ripetuto - non sono in grado di affermare, e non è mio compito farlo, se Alberto Stasi sia colpevole o meno ma, certamente, sulla base di quanto emerso, accertato e provato ritengo che non dovesse essere condannato. Perché c’era molto di più di quel “ragionevole dubbio” che deve - l’indicativo non è a caso - essere superato non solo dai ragionamenti, dalle teorie e dalle inferenze logiche ma, ancor di più, dai fatti, dagli accadimenti reali e da quanto è possibile dimostrare senza assurdi pasticci.
Il libro dell' Ambrosio lo hanno già letto in tanti e, probabilmente, anche i magistrati che hanno aperto questa “nuova” indagine che non è escluso riveli importanti novità.
Come mai tanta ammirazione per un testo che narra di una tragedia?
Perché è un'opera che non ha solo un’importante valenza investigativa ricollocando, quando serve, cose e persone al loro posto, ma fa comprendere quanto sia stata (e lo sia tutt’ora) drammatica la situazione in cui taluni dei protagonisti si sono venuti a trovare loro malgrado e come la loro vita sia stata segnata e scavata, per sempre, da una vicenda che ha impresso nelle loro esistenze un marchio indelebile. E nessuno può sentirsi o dirsi certo di non finire in un tritacarne giudiziario e mediatico come accaduto per il delitto di Garlasco. E poi, la stessa Chiara - forse - è stata uccisa proprio perché voleva capire cosa stesse succedendo intorno a lei.
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